Il social media marketing non è il marketing sui social media

Negli ultimi anni le aziende di ogni tipo hanno fatto la corsa per essere presenti sui social media, aprire una pagina su facebook, un account su Twitter e provare l’ebrezza di Foursquare. Molte ricerche ci dicono che al presidio non è seguita una reale conversazione, o quantomeno, un’azione di risposta alle domande legittime di coloro i quali hanno compiuto un atto di fiducia seguendole.

La recente survey di SDA Bocconi mostrava un dato molto incoraggiante, anche se basato sulle risposte delle stesse aziende, ossia solo 24% non sempre risponde alle lamentele.

L’osservazione diretta dei comportamenti delle aziende su Facebook effettuata da SocialBakers fa emergere una realtà diversa. Mediamente soltanto il 5% dei post degli utenti sul wall delle pagine aziendali ottiene una risposta.

tasso di risposte su facebook

Anche su Twitter, luogo per molti deputato alla cura dei clienti, le cose non vanno meglio. Una survey di Evolve24/Maritz Research rivolta a 1.298 consumatori statunitensi che hanno manifestato il proprio disappunto su prodotti e servizi, evidenzia che solo il 30% è stato contattato dall’azienda interessata.
Tra coloro che hanno ricevuto una risposta l’83% dice di aver “apprezzato o amato” questo interesse da parte dell’azienda.

twitter_response

Sarebbe ora che i decisori aziendali capissero che il social media marketing non è il marketing sui social media, non è la semplice trasposizione di vecchie logiche dentro nuovi strumenti/ambienti. Stabilire una presenza sui social media senza la necessaria consapevolezza ed un adeguato programma, non renderà magicamente “social” l’azienda, anzi contribuirà solo ad evidenziarne i lati anti-social.

13 replies on “Il social media marketing non è il marketing sui social media”
  1. says: Davide

    le percentuali parlano da sole… d’altronde le agenzie che gestiscono gran parte di tal “marketing sui social media” non lavorano il weekend e non hanno tempo di controllare status e richieste in maniera continuativa… altrimenti il budget salirebbe e l’azienda accorta capirebbe per bene che, se vuole essere social (e non fare social), deve internalizzare una conversione che in outsourcing può andare per forza di cosa solo a singhiozzo (e costerebbe pure di più)… poi ci sono gli sfigati come me che per passione controllano i profili dei clienti anche il fine settimana perché appassionati di persone e social cosi… ma queste son sfighe 😉

  2. Riflettevo di questa problematica proprio negli ultimi tempi. Ho avuto a che fare con clienti veramente difficili da gestire i quali non erano affatto interessati alla conversazione, ma a tutt’altro. Rendere social un prodotto o un brand, lo diciamo da anni, non è facile ed è necessario cambiare prima di tutto le dinamiche interne, il tipo di pensiero legato al marketing diretto/tradizionale che molti hanno.
    Davide il problema che tu poni del week end è serio. Si finisce per essere ossessionati dai profili dei propri clienti anche quando non si dovrebbe. Per ovviare a questo ovviamente bisogna stabilire come e quanto si gestisce un profilo twitter o facebook, secondo me non più a giorni ma ad ore… Il problema è comunque molto complesso e la depressione è tanta.

    1. says: Davide

      d’accordissimo… a volte parte decisamente lo scoramento… veramente credo che l’unica soluzione possa essere l’internalizzazione… Anche perché per certi brand che veicolano su Tv o eventi che vanno il weekend la cosa si fa pressante…

  3. Io il mese scorso ho contattato direttamente su Twitter 6-7 aziende per varie motivi, ma comunque tutte comunicazioni di loro interesse, e solo in 3 mi hanno risposto. Mi pare decisamente poco e in linea con i dati riscontrati da questo post. Devo ammettere che alcune di queste aziende non avevano una buona brand image dal mio personale punto di vista, ma quelle che hanno instaurato una comunicazione a seguito della mia richiesta l’hanno aumentata.

  4. says: Prinzone

    E’ chiaro che un grafico copiato e incollato senza analisi critica in merito agli argomenti trattati sia completamente inutile quanto fuorviante. In questa infogrphic si capisce che le compagnie telefoniche non siano le più brave ad attuare una strategia social ma abbiano notevoli opportunità di contatto per due semplici motivi. Primo lavorano in un settore che li vede a contatto con il consumatore ogni singolo istante della giornata; secondo “subiscono” contatti continui a causa della stretta connessione che questi servizi hanno con la vita dei consumatori. Quanti di voi non hanno avuto almeno 4/5 contatti per attivare una nuova linea dati o cambiare operatore o …
    Difatti sarebbe più serio se la fonte del grafico stesso avesse sezionato il valore di interazione dando uno spaccato sulle motivazioni di contatto, quindi non solo suddividendo bovinamente in positivo/negativo sulla base di uno strumento bayesiano sottoposto a training (assistenza, reclamo, complimentazione per il servizio, fanship etc).

    Inoltre vorrei aggiungere che per fortuna Davide si è dato dello sfigato da solo perché altro non può essere se non quello. Chi fa ragionamenti del genere basati sulla questione economica meramente personale si capisce che non ha chance di sbarcare il lunario con un lavoro che si è inventato dal nulla.

    Difatti la vera domanda è: ma quanto realmente utile è avere una fanpage, un account twitter etc. Porta utili alle aziende che lo stanno facendo? E non quanto budget investono quanto sono bravi quanto non lo sono.
    Perché al momento in cui si metterà in chiaro con il numero meno modaiolo (ora tutti parlano di fattore di interazione ma prima si guardava solo alla dimensione della fanpage) ma più realistico e attinente ai risultati economici delle aziende, quanto porta in termini monetari lo sforzo legato all’attuazione di una qualsivoglia strategia social, allora ci sarà molto meno da argomentare da parte di tutti.

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